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Shaun Murphy è un giovane specializzando in chirurgia. Fin dalla prima puntata si capisce come il suo ingresso in ospedale non è e non sarà semplice: Shaun è autistico e, in lui, si riconosce anche la sindrome del Savant.

In seguito ad un’infanzia difficile, Shaun incontra il dottor Glassman che lo aiuta negli studi di medicina e, consapevole delle potenzialità e della genialità del ragazzo, convince il consiglio dell’ospedale ad assumerlo come specializzando.

In Shaun colpisce, fin da subito, la grande memoria fotografica: quando ha davanti un paziente e deve fare una diagnosi, tutte le pagine dei libri e le immagini del corpo umano gli scorrono davanti finché non arriva ad una soluzione. L’altro aspetto, abbastanza marcato, oltre alla gestualità e alla postura, è sicuramente la sua difficoltà nelle relazioni sociali: Shaun mostra quasi sempre la stessa espressione facciale e si presenta come un ragazzo senza filtri comunicativi e molto in difficoltà nel comprendere i comportamenti e le emozioni altrui. E’ da qui che possiamo osservare che intorno a lui, piano piano, si crea una rete di amici che lo supportano.

Ci sono altri aspetti che ci riconducono all’autismo: Shaun è molto legato alle routine quotidiane e i cambiamenti sono per lui fonte di stress; è ligio alle regole, ha difficoltà ad interpretare le espressioni facciali, il sarcasmo, la disapprovazione; mostra delle difficoltà nell’interpretare le regole sociali come, ad esempio, quando deve parlare con un superiore o con un paziente; infine, non è particolarmente interessato a condividere attività e mostra una grande sensibilità a suoni, colori e oggetti in movimento.

Lo spettatore inizia piano piano a conoscere Shaun, che sicuramente all’inizio lascia un po’ senza parole, ma molto presto la sua vita si mescola con le vicende dell’ospedale e si viene in contatto con una serie dove, alla fine, ci si affeziona a tutti i personaggi lasciando il giusto spazio a tutti i temi trattati, dai casi clinici, alle vicende amorose, all’autismo.

Ciò che sicuramente colpisce di Shaun è la sua graduale accettazione dei consigli di chi lo circonda e quindi la sua crescita personale. Ma i miglioramenti non li vediamo solo nel protagonista: nel corso delle puntate i suoi colleghi iniziano a stimarlo e a considerarlo come un medico eccellente, superando così i pregiudizi.

Anche in questa serie TV il protagonista, e non solo lui, è alle prese con vicende amorose, proprie e altrui, che lo mettono davanti a sfide molto complesse. Ancora una volta alla difficoltà nella comprensione delle emozioni proprie e altrui, notiamo la disponibilità da parte degli amici a fornire consigli e supporto.

La serie tv però, non affronta esclusivamente le vicende del protagonista a senso unico, ma lascia spazio anche alle vicende degli altri personaggi dimostrando una sceneggiatura che tiene in considerazione tutti, a 360°.

Anche in questo caso, non dobbiamo pensare che l’autismo sia solo questo: ciò che viene rappresentato è una singola sfaccettatura dell’autismo, non la sua totalità. Così come sarebbe sbagliato pensare che dopo aver visto la serie, si conosca tutto sull’autismo.

The Good Doctor lascia spazio a qualcosa di cui ancora oggi non si parla abbastanza e lo porta nelle case delle persone in modo semplice e allo stesso tempo diretto.

Giudizio personale: la serie TV mi è piaciuta molto e continuerò a seguirla. A mio parere c’è il giusto equilibrio nell’affrontare i diversi temi, e non esclusivamente l’autismo, e forse è questo il punto di forza della narrazione: io ad esempio mi sono affezionata al dottor Melendez prima che agli altri personaggi. La storia è sicuramente più “tradizionale” rispetto alla serie Avvocata Woo poichè ci sono diversi colpi di scena che ribaltano la situazione ma riesce comunque a catturare lo spettatore.