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Le cause dell’autismo sono sostanzialmente sconosciute; l’ipotesi più accreditata è quella che l’unione di cause genetiche e di fattori ambientali possa portare all’autismo.

Questi processi inizierebbero già durante la gravidanza, la ricerca ha come obiettivo quello di realizzare degli screening che possano determinare la diagnosi già in fase prenatale per poter correggere alcuni fattori ambientali piuttosto che genetici, poiché la ricerca genetica è più complessa e meno controllabile. È importante conoscere ciò che succede durante lo sviluppo per capire in che direzione si dirigono le ricerche.

Vi è una triade di sintomi: sociali, di linguaggio e di stile di comportamento e pensiero. Prendendo in considerazione questi, l’individuo autistico è incapace di intraprendere una relazione sociale sia per difficoltà di interazione che per difficoltà di interpretazione dei pensieri, delle emozioni e dei desideri dell’altro. Questi stessi sintomi possono essere interpretati anche come una difficoltà più generale di elaborazione degli stimoli sociali così come degli stimoli esterni veicolati attraverso i canali sensoriali. Le disfunzioni avvengono perché normalmente le informazioni provenienti dall’esterno vengono filtrate e sintetizzate dal cervello, consentendoci di percepire la realtà come un insieme coerente. Nei disturbi autistici queste capacità sono compromesse o possono non essere sviluppate, con gravità diverse; questo fa sì che la capacità di comprensione e l’adattabilità all’ambiente risultino ostacolate.

Gli strumenti di cui si avvale la ricerca medica sono principalmente la TAC e la RM. In alcuni casi è stata utilizzata anche la PET. In generale non sono state evidenziate delle anomalie valide per tutti i pazienti e mentre la TAC e la RM mostrano delle anomalie riscontrabili in una percentuale di casi abbastanza alta, la PET mostra quadri molto discordanti tra loro tanto che non viene presa in considerazione per gli studi.

La base ereditaria dell’autismo è stata osservata e quindi sostenuta da due fattori: i gemelli monozigoti hanno probabilità maggiore di essere affetti da autismo rispetto ai fratelli dizigoti. Nei gemelli monozigoti c’è una concordanza del 92% mentre scende al 10% nei gemelli dizigoti. Inoltre, il fratello o la sorella di una persona affetta da autismo ha una probabilità di sviluppare il disturbo di circa il 7% nei maschi e dell’1-2% nelle femmine. Partendo da queste basi la ricerca si è orientata verso l’individuazione delle precise cause genetiche, ovvero di specifici geni alla base dei disturbi dello spettro autistico.
Gli studi hanno però evidenziato che alcuni di questi geni sono coinvolti nella produzione di importanti molecole implicate nello sviluppo e nel mantenimento delle reti nervose. Si parla infatti di proteine coinvolte nel funzionamento della sinapsi nervosa, di fattori che regolano l’espressione dei geni neurotrasmettitori e dei loro ricettori e infine dei geni coinvolti nello sviluppo celebrale.
L’ipotesi più convincente è che alcuni di questi geni difettosi combinati tra loro possano essere solo l’origine del disturbo, che si scatena a causa di fattori ambientali come ad esempio l’esposizione ad agenti infettivi durante la vita prenatale, lo status immunologico materno-fetale, l’esposizione ai farmaci o ad agenti tossici anche attraverso l’alimentazione durante la gravidanza.

Un importante settore della ricerca riguarda anche il ruolo dell’esposizione ad agenti tossici durante lo sviluppo, come ad esempio il mercurio o altri inquinanti ambientali quali i pesticidi organo fosfati o organoclorurati nonché l’utilizzo di farmaci in gravidanza.